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2024-03-09 18:46:06 +01:00

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Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tantè amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben chi vi trovai,
dirò de laltre cose chi v ho scorte.
Io non so ben ridir comi vintrai,
tantera pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Ma poi chi fui al piè dun colle giunto,
là dove terminava quella valle
che mavea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor mera durata
la notte chi passai con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a lacqua perigliosa e guata,
così lanimo mio, chancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.
Poi chèi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che l piè fermo sempre era l più basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi mpediva tanto il mio cammino,
chi fui per ritornar più volte vòlto.
Tempera dal principio del mattino,
e l sol montava n sù con quelle stelle
cheran con lui quando lamor divino
mosse di prima quelle cose belle;
sì cha bene sperar mera cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
lora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m'apparve d'un leone.
Questi parea che contra me venisse
con la testalta e con rabbiosa fame,
sì che parea che laere ne tremesse.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura chuscia di sua vista,
chio perdei la speranza de laltezza.
E qual è quei che volontieri acquista,
e giugne l tempo che perder lo face,
che n tutti suoi pensier piange e sattrista;
tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove l sol tace.
Mentre chi rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui nel gran diserto,
"Miserere di me", gridai a lui,
"qual che tu sii, od ombra od omo certo!".
Rispuosemi: "Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui.
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto l buono Augusto
nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol dAnchise che venne di Troia,
poi che l superbo Ilïón fu combusto.
Ma tu perché ritorni a tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
chè principio e cagion di tutta gioia?".
"Or se tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?",
rispuosio lui con vergognosa fronte.
"O de li altri poeti onore e lume,
vagliami l lungo studio e l grande amore
che m ha fatto cercar lo tuo volume.
Tu se lo mio maestro e l mio autore,
tu se solo colui da cu io tolsi
lo bello stilo che m ha fatto onore.
Vedi la bestia per cu io mi volsi;
aiutami da lei, famoso saggio,
chella mi fa tremar le vene e i polsi".
"A te convien tenere altro vïaggio",
rispuose, poi che lagrimar mi vide,
"se vuo campar desto loco selvaggio;
ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo mpedisce che luccide;
e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo l pasto ha più fame che pria.
Molti son li animali a cui sammoglia,
e più saranno ancora, infin che l veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapïenza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro.
Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo e Turno e Niso di ferute.
Questi la caccerà per ogne villa,
fin che lavrà rimessa ne lo nferno,
là onde nvidia prima dipartilla.
Ondio per lo tuo me penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno;
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
cha la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;
ché quello imperador che là sù regna,
perchi fu ribellante a la sua legge,
non vuol che n sua città per me si vegna.
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e lalto seggio:
oh felice colui cu ivi elegge!".
E io a lui: "Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò chio fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dovor dicesti,
sì chio veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti".
Allor si mosse, e io li tenni dietro.